Andrea Schmidt-Futterer
Una mostra sotterranea che mostra è? ci si potrebbe chiedere
giocando al paradosso. Ritrosa ed esigente pare piuttosto nascondersi,
e nell'ombra custodire il suo tesoro per rivelarne l'inquietante
bellezza solo a chi si sia dato la pena di cercarlo. Ma a costui
- il visitatore non distratto, il lettore dallo sguardo attivo,
l'individuo insomma che si sforza di comprendere - essa è
pronta a dispensare stupore e piacere, per non dire di più.
Che mostra è, si potrebbe anche domandare, se non si limita
a esporre il proprio oggetto come un'esposizione di norma farebbe,
ma lo costringe in smorfie e tragitti stralunati, sottraendolo
così alla legge della convenienza estetica per farne il
messaggero d'altri pensieri, d'altri sentimenti?
Una mostra-spettacolo. Non nel senso della spettacolarità,
l'abbiamo detto, e neppure soltanto per via della temperatura
emotiva che la percorre, per l'impressione che dà di evento
destinato a dissolversi, fascinoso e irrepetibile in un mondo
di replicanti. Vi sono altre ragioni.
Il luogo, per esempio. Un cimitero longobardo non è posto
dei più frequentati, e quand'anche per devozione, invito
a nozze o curiosità turistica ci si spinga fino alla splendida
Badia che protegge questo di Cava dei Tirreni, è certo
che non sempre lo si troverà aperto e abitato da fantasmi
di seta. L'abbinamento è di quelli scatenanti, perché
se il rito del teatro è già terra di nessuno, fluttuante
tra vita e morte, umanità e immortalità, tra l'essere
qui e l'essere altrove, il costume teatrale immesso in una catacomba
entra in risonanza con mille presenze-assenze, sembra aggirarsi
smarrito alla ricerca insieme d'una provenienza e d'una destinazione,
impotente a vivere perché vuoto di fibra umana, impossibilitato
a morire in quanto chiamato a evocare quel rito quando non un
personaggio.
Siamo così precipitati nel cuore dello spettacolo, o se
volete in uno dei suoi misteri, tramite una delle sue componenti.
Del resto Luigi Benedetti, creatore assai più che curatore
della mostra, è uomo di teatro. Non si contenterebbe mai
di allineare abiti di scena o di esibirli sia pure al meglio sotto
la luce dei riflettori. Questione di sapienza: un tale allestimento
non renderebbe giustizia né ai costumisti né ai
costumi. Questione di carattere: dovesse occuparsi anche solo
d'una cucitura, Benedetti cercherebbe complici per inseguire quel
centro, quel mistero, quella fibrillazione. Sono sua complice,
lo confesso.
segue
(dal catalogo della Mostra)
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