Vanità delle vanità

mostra internazionale del costume d'arte
Badia Benedettina della SS.Trinità, Cava de' Tirreni


progettazione e allestimento di Luigi Benedetti

drammaturgia visiva di Mara Cantoni




pippo
Marianne Glittenberg

pippo
Peter Pabst

 


... Vera filosofia del costume, inserita in un percorso storico
di grande effetto.
(Il Mattino,
luglio 1995)



Andrea Schmidt-Futterer


Una mostra sotterranea che mostra è? ci si potrebbe chiedere giocando al paradosso. Ritrosa ed esigente pare piuttosto nascondersi, e nell'ombra custodire il suo tesoro per rivelarne l'inquietante bellezza solo a chi si sia dato la pena di cercarlo. Ma a costui - il visitatore non distratto, il lettore dallo sguardo attivo, l'individuo insomma che si sforza di comprendere - essa è pronta a dispensare stupore e piacere, per non dire di più.
Che mostra è, si potrebbe anche domandare, se non si limita a esporre il proprio oggetto come un'esposizione di norma farebbe, ma lo costringe in smorfie e tragitti stralunati, sottraendolo così alla legge della convenienza estetica per farne il messaggero d'altri pensieri, d'altri sentimenti?
Una mostra-spettacolo. Non nel senso della spettacolarità, l'abbiamo detto, e neppure soltanto per via della temperatura emotiva che la percorre, per l'impressione che dà di evento destinato a dissolversi, fascinoso e irrepetibile in un mondo di replicanti. Vi sono altre ragioni.
Il luogo, per esempio. Un cimitero longobardo non è posto dei più frequentati, e quand'anche per devozione, invito a nozze o curiosità turistica ci si spinga fino alla splendida Badia che protegge questo di Cava dei Tirreni, è certo che non sempre lo si troverà aperto e abitato da fantasmi di seta. L'abbinamento è di quelli scatenanti, perché se il rito del teatro è già terra di nessuno, fluttuante tra vita e morte, umanità e immortalità, tra l'essere qui e l'essere altrove, il costume teatrale immesso in una catacomba entra in risonanza con mille presenze-assenze, sembra aggirarsi smarrito alla ricerca insieme d'una provenienza e d'una destinazione, impotente a vivere perché vuoto di fibra umana, impossibilitato a morire in quanto chiamato a evocare quel rito quando non un personaggio.
Siamo così precipitati nel cuore dello spettacolo, o se volete in uno dei suoi misteri, tramite una delle sue componenti. Del resto Luigi Benedetti, creatore assai più che curatore della mostra, è uomo di teatro. Non si contenterebbe mai di allineare abiti di scena o di esibirli sia pure al meglio sotto la luce dei riflettori. Questione di sapienza: un tale allestimento non renderebbe giustizia né ai costumisti né ai costumi. Questione di carattere: dovesse occuparsi anche solo d'una cucitura, Benedetti cercherebbe complici per inseguire quel centro, quel mistero, quella fibrillazione. Sono sua complice, lo confesso. segue

(dal catalogo della Mostra)









pippo
Lore Haas


Jürgen Rose



... un suggestivo viaggio
nel tempo e nella storia
dello spettacolo ...
(la Repubblica,
agosto 1995)
Esiste una drammaturgia visiva o non è che una modalità della regia?
In occasione di questa mostra dalla collocazione singolare,
ho approfondito il rapporto spazio-oggetto
nella direzione di una installazione, sottolineando il significato
che luogo di esposizione e materiale esposto
si rimandavano l’un l’altro in un tacito intenso dialogo.


Al contrario, per un uso "patinato" del costume...